La porta delle stelle di Ingvild Rishøi 

Sulla copertina de La porta delle stelle di Ingvild Rishøi c'è un disegno che ritrae due giovani ragazze che si tengono per mano, davanti a un albero di Natale

La porta delle stelle di Ingvild Rishøi, pubblicato da Iperborea nel 2024, è un romanzo breve, apparentemente semplice, che racconta una storia fatta di attese, mancanze e piccoli gesti capaci di illuminare anche il buio più fitto.

La porta delle stelle

«Cara la mia figlia del brigante»,  papà diceva sempre così. Mi chiamava anche il suo Scrigno del tesoro e il mio Fondo sovrano. Ci chiamava la Stella la Luna, e Maccheronja e Melassa. Ci chiamava Ronja figlia del brigante e Melissa Moonlight.
Entrava dalla porta e gridava: «Dove sono la mia figlia del brigante e il mio chiaro di luna?»

Al centro della narrazione ci sono due sorelle di Oslo, Ronja e Melissa, legate da una sorellanza che non ha bisogno di proclami. Il loro è un legame viscerale, quotidiano, costruito sulla condivisione del peso di un padre inaffidabile e alcolista, una figura fragile e dolorosamente amata.
In quel rapporto sbilanciato, fatto di promesse mancate e speranze sempre rimesse in gioco, la bambina e l’adolescente imparano presto che l’unione è l’unico modo per restare a galla. Si proteggono, si osservano, si comprendono anche quando le parole non bastano più. La loro alleanza è una forma di resistenza emotiva, una strategia silenziosa per sopravvivere al dolore.

Il romanzo si muove sullo sfondo del Natale, un tempo sospeso che dovrebbe rendere tutti più buoni, più attenti, più presenti. Ma Rishøi non indulge nella retorica: il Natale qui è anche lo specchio di una certa ipocrisia, quella di chi per qualche giorno si sente chiamato alla gentilezza, salvo poi tornare indifferente per il resto dell’anno. Eppure, proprio in questo contesto, emergono gesti d’affetto inattesi, attenzioni che arrivano da persone lontane dalla sfera familiare, figure marginali che si rivelano capaci di un’umanità sorprendente. Sono piccoli atti, forse imperfetti, ma sufficienti a ricordarci che la cura può manifestarsi nei luoghi e nei momenti più impensati.

«Ragazze! Noi vendiamo sogni! La magia del Natale, ecco cosa comprano i nostri clienti. E che cos’è che rende magico il Natale?»
«Che cos’è, un quiz?» ha chiesto Melissa.
Tommy non l’ha neanche guardata. Guardava me. Aveva gli occhi azzurro chiaro.
«Sentirsi buoni, ha detto».

Uno degli aspetti più preziosi de La porta delle stelle è lo sguardo dell’autrice: lucido, mai giudicante. Rishøi racconta, osserva, lascia parlare i fatti e le emozioni senza cercare colpevoli o assoluzioni. L’amore familiare, sembra dirci, non è mai puro né semplice, ma un intreccio di luci e ombre, tenerezza e frustrazione, attaccamento e disincanto.

Questo dualismo si riflette anche nello sguardo diverso che le due sorelle hanno sulla vita. Ronja è quella della speranza ostinata, crede che le cose possano ancora aggiustarsi, che il padre possa cambiare, che il futuro contenga uno spiraglio di luce. Melissa, al contrario, è disillusa, pragmatica, costretta forse a crescere troppo in fretta. Non sogna, ma osserva la realtà per quello che è, senza sconti. Eppure, proprio nella loro diversità, le due bambine si completano: una sostiene l’altra, una compensa le fragilità dell’altra, creando un equilibrio unico e necessario.

I miracoli capitano, diceva sempre il custode. A volte non c’è altra via d’uscita, e allora capita un miracolo.

La porta delle stelle è un romanzo che parla sottovoce, ma lascia il segno, perché ci ricorda che l’amore vero e profondo – quello imperfetto per un padre che ferisce, ma soprattutto quello incondizionato tra sorelle – è un collante potentissimo, capace di resistere a tutto, persino al dolore più crudo della realtà.

un libro per chi: sente di aver perso la speranza che le cose migliorino

autrice: Ingvild Rishøi
titolo: La porta delle stelle
traduzione: Maria Valeria D’Avino
editore: Iperborea
pagg. 160
€ 17

Babele il gruppo di lettura disordinato

Chi ha scritto questo post?

Emiliano-romagnola, ragazzina negli anni ’80, si è trasferita a Milano nel 2008 e per molto tempo è stata un "angelo custode di eventi".
Da anni si occupa anche di libri: modera incontri letterari, ha ideato e realizzato la rassegna Segreta è la notte e conduce diversi gruppi di lettura.
Pratica mindfulness dal 2012, sogna sempre le montagne, ascolta musica jazz e vive un'intensa storia d'amore con il suo beagle Franco.
È meno cattiva di quello che sembra e vorrebbe morire ascoltando “La Bohéme” di Puccini.

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