L’inverno della lepre nera di Angela Tognolini

Sulla copertina de L'inverno della lepre nera di Angela Tognolini c'è la fotografia di una giovane donna che tiene tra le mani e guarda negli occhi una piccola lepre nera

L’inverno della lepre nera, romanzo d’esordio di Angela Tognolini pubblicato da Bompiani, scava nel profondo delle fragilità degli affetti e dei traumi che si riescono nemmeno a nominare, ma riesce anche a donare la speranza che nella natura e nelle proprie radici si possa trovare una via per ricominciare.

L’inverno della lepre nera

Talvolta il gelo s’insinua anche nei rapporti più intimi, quelli in cuo dovrebbe bastare un solo sguardo per capirsi.

Rosa e Nadia sono madre e figlia, ma tra loro non scorrono la tenerezza e la leggerezza che ci si aspetterebbe da un legame così profondo.
Rosa ha solo trent’anni, ma porta già sulle spalle e nel cuore un passato ingombrante, fatto di ferite mai rimarginate e di relazioni disfunzionali che l’hanno segnata.
Nadia ha nove anni e osserva il mondo con occhi attenti e pieni di curiosità, annotando con cura sul suo quaderno i comportamenti degli animali, che le sembrano molto più semplici da comprendere rispetto alla sua silenziosa e algida madre.

Qualcosa stava per cambiare. Ancora una volta era in arrivo uno di quei catastrofici mutamenti portati nella sua vita dagli adulti, senza preavviso né possibilità di negoziazione. Come ogni altra decisione di sua madre, anche quella sarebbe caduta sulla sua testa senza che nessuno la consultasse o gliene spiegasse la ragione.

Sono i giorni attorno al Natale quando Rosa decide improvvisamente di lasciare la città e portare la bambina con sé tra i boschi innevati e i silenzi immensi della montagna dove è cresciuta, verso la baita dello zio Tone, il fratello più giovane di suo padre, per il quale, nonostante la distanza fisica e sociale, ha mantenuto un tenero affetto.

Mi piaceva l’odore fumoso della malga, mi piaceva camminare nel bosco, lavorare fianco a fianco con i miei parenti e passare le serate ad ascoltare le storie del tempo andato. Ma quello che preferivo più di tutto era passeggiare nel folto insieme al fratello più giovane di mio padre, che mi aveva presa in simpatia. Lo zio Tone mi insegnava a riconoscere le piante, a raccogliere la resina per farne pomate da mettere sulle ferite, a trovare le bacche per infusi e decotti e i funghi da cucinare con il risotto e la polenta. Conosceva tutte le leggende del bosco, quelle sulle anguane che fanno stregonerie e vivono nei laghi, quelle sulla vecchia Reduoia che grida e scuote le catene nella notte dell’Epifania, e la mia preferita, quella sulla Lepre Nera, magica creatura che porta il cambio di stagione sulla terra correndo intorno alla montagna a ogni solstizio.

È tra i monti che si trova parte del DNA di Rosa ed è lì che le due protagoniste si ritrovano a dover affrontare il non detto che le ha allontanate come madre e figlia: che fine ha fatto il padre di Nadia?

Tognolini, senza pietismo e retorica, mette al centro della storia una violenza più sottile del fragore dei pugni e per questo ancora più devastante: quella psicologica.
Rosa è cresciuta in una famiglia in cui l’amore non si dimostrava con parole affettuose o gesti eclatanti; i pasti caldi, i vestiti puliti, un letto in cui dormire, erano queste le sue certezze quando era ragazzina e viveva in alta montagna, lavorando fin dai piccola con i fratelli, esentati dalle faccende domestiche che a lei invece toccavano, dopo le fatiche nelle stalle e nei campi.
La sua salvezza da quella vita in alta quota è lo studio, che la porta fino in città, all’università, e quando incontra Valentino, tanto affascinante quanto fragile, per Rosa è un attimo convincersi che l’amore sia quello che lui le dona con tanto fervore.

Lo fissai senza parole e per un attimo mi sentii profondamente in imbarazzo. Quella dichiarazione mi sembrava tanto eccessiva, tanto fuori misura per qualcuno che mi conosceva solo da qualche giorno, da essere quasi ridicola. Però io non volevo ridere di Valentino. Non volevo che mi sembrasse sciocco. Mi piaceva tanto. Volevo che mi  piacesse ancora di più. Volevo che fosse perfetto. Che a causa sua la mia vita facesse una piroetta completa, come una ballerina sull’asse. Non volevo solo vivere qualcosa di diverso. Volevo essere qualcosa di diverso. E lui era la chiave. Lui aveva addosso quella meraviglia e io la volevo tutta per me. Come nelle canzoni, come nei romanzi, come nelle fiabe.

Il viaggio di Rosa e Nadia verso la baita di montagna pare essere un atto salvifico, un ritorno alle origini e alle proprie radici, come a voler ritrovare l’energia dell’infanzia.
Rosa è come Rossella O’Hara, che nel dolore tormentato causato dall’abbandono di Rhett riesce a pensare a una cosa soltanto: tornare a Tara, là dove da ragazzina è stata felice, dove si sentiva protetta e forte.
La montagna, seppure molto diversa da una placida magione del sud, è l’unico luogo in cui Rosa può finalmente riconoscersi, ritrovando così anche la strada da percorrere per tornare a essere la mamma di Nadia.

Il muro dell’incomprensione reciproca che vivono Rosa e Nadia sarà distrutto da quei giorni in montagna?

Angela Tognolini ci consegna un esordio decisamente intenso, che richiede alle lettrici e ai lettori una certa sensibilità e che in cambio dona immagini potenti, come quella della lepre nera del titolo, che a forza di correre senza tregua riesce sempre a riportare il disgelo, anche dopo gli inverni più duri e freddi.

Questo non è solo un romanzo facilmente consolatorio.
L’inverno della lepre nera racconta una storia a tratti crudele, come può esserlo la montagna stessa verso chi non sa affrontarla, ma è anche un libro che si muove verso un barlume di luce, come quando nella notte più buia il cielo s’illumina di stelle.

un libro per chi: ha bisogno di coltivare le proprie radici per ritrovare se stessa

autrice: Angela Tognolini
titolo: L’inverno della lepre nera
editore: Bompiani
pagg. 314
€ 18

Chi ha scritto questo post?

Emiliano-romagnola, ragazzina negli anni ’80, si è trasferita a Milano nel 2008 e per molto tempo è stata un "angelo custode di eventi".
Da anni si occupa anche di libri: modera incontri letterari, ha ideato e realizzato la rassegna Segreta è la notte e conduce diversi gruppi di lettura.
Pratica mindfulness dal 2012, sogna sempre le montagne, ascolta musica jazz e vive un'intensa storia d'amore con il suo beagle Franco.
È meno cattiva di quello che sembra e vorrebbe morire ascoltando “La Bohéme” di Puccini.

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