Molto mossi gli altri mari di Francesco Longo

Molto mossi gli altri mari di Francesco Longo

Può un romanzo che ruota attorno al mare e all’estate, conquistare anche una lettrice che detesta il mare e l’estate?
Sì, se il libro è Molto mossi gli altri mari di Francesco Longo, in uscita per Bollati Boringhieri.
C’è la viscerale passione per il surf del nostalgico Un mercoledì da leoni, non manca la malinconia rivolta alla giovinezza del vanziniano Sapore di sale e, prestando la dovuta attenzione, si scova pure qualche velata citazione dell’amato Il giardino dei Finzi Contini di Giorgio Bassani; tutto ciò, sapientemente mescolato e reso da una scrittura di grande forza evocativa, fa dell’esordio narrativo di Longo una lettura avvincente, capace di tenere il lettore incollato alle pagine fino all’implacabile finale.

Molto mossi gli altri mari

Michele vive da sempre nella Baia di Santa Virginia, un paesino del centro Italia che affaccia sul mare e che d’estate diventa meta di tanti turisti, tra cui gli amici del cuore Silvia, Guido, Valentina e molti altri, figli di famiglie benestanti romane.
La classica compagnia che vive in simbiosi, che passa il tempo giocando sulla spiaggia e condividendo dapprima le merende dell’età più infantile e poi, crescendo, i falò accanto al mare, tra birre e primi approcci amorosi.
Del gruppo fa parte anche la bella e ricercata Micol, da subito in sintonia con Michele, in un’affinità intellettuale che strizza l’occhio all’attrazione fisica.
Almeno è così per lui, sempre in bilico tra confessare i propri sentimenti amorosi e tacere in nome dell’amicizia, mentre Micol, come l’omonima raccontata da Bassani, alterna slanci affettuosi ad attimi sfuggenti.

«Sei tornata, hai visto? L’anno scorso non sei venuta».
«Mi saprò far perdonare» disse lei.
Partimmo subito per una perlustrazione in bici. Piante con nomi semplici generavano fiore istrionici mentre alberi dai nomi altisonanti manifestavano il loro essere con fiori banali. Me ne ero mai accorto? Un semino del gelato di mora rimasto in bocca la indusse a proporre una gita sul promontorio, dove avremmo potuto raccogliere direttamente dai rovi more e lamponi. Indossava una gonna blu, corta, una maglietta a righe orizzontali rosse e bianche e dei sandali blu. Secondo lei la malattia che aveva colpito molte palme della Baia, sotto le quali – tutte ingiallite – procedevamo spediti, aveva a che fare con l’aumento dei cartelli di affitto, perché le palme, spiegò, percepivano l’abbandono e preferivano seccarsi.

Gli anni, estate dopo estate, volano via, la fanciullezza lascia spazio all’adolescenza e poi a quell’età non ancora adulta e carica di speranze e sogni sul futuro in arrivo.
Michele e Micol continuano a sfiorarsi, senza mai superare il confine del non detto; silenzi che graveranno sulla loro storia come l’attesa delle tempeste estive che tutti anelano, per sfidare le onde con il surf e continuare a cavalcare la giovinezza.

La mattina dei cavalloni, nella spiaggia di Santa Virginia, l’acqua si infilava nelle orecchie, raschiava la gola; un inchiostro amaranto annacquava gli occhi, i polpastrelli si rinsecchivano e il sale ustionava il naso. Con Silvia e gli altri l’abbiamo aspettata per tutte le estati della nostra vita. Avevamo imparato a prevederne l’arrivo con giorni d’anticipo, dalle traiettorie folli dei pipistrelli che scarabocchiavano cielo e campi, e dalle lamentele dei nonni avvolti in giacche di lana, con reumatismi, artrosi e cicatrici che cominciavano a tirare da giorni prima. Ogni estate abbiamo aspettato le onde, sperandole enormi; abbandonati sulla sabbia accanto al canneto con i piedi sepolti, o pedalando a zigzag sul lungomare, abbiamo sempre fantasticato il prodigio; sui letti sfatti cullati da un ventilatore acceso, riparati dalle zanzariere, con lo sguardo fisso al soffitto, scossi dall’idea di una mareggiata definitiva, che avrebbe spazzato via tutto, abbiamo sempre invocato onde giganti, anche se lo spettacolo della perturbazione, ogni settembre, ci portava via tutto ciò che possedevamo di più intimo e prezioso: i giorni felici dell’estate.

Tra un flashback e l’altro s’intravede un presente di insoddisfazioni, rimpianti e incertezze, non solo di Michele ma di tutti quei bambini cresciuti e mai davvero appagati dalla vita scelta.
Un presente che culmina in un finale struggente come il mare d’inverno e impietoso come l’ultimo giorno d’estate.

Francesco Longo ha scritto un bellissimo romanzo di formazione nostalgico e sentimentale, sulle attese che diventano ossessioni e sulla paura che si tramuta in condanna.
Una storia che può contare sulla forza dei suoi personaggi e su una raffinata scrittura, così come accade ai classici più noti.
Da leggere.

Molto mossi gli altri mari di Francesco Longo

un libro per chi: pensa ancora e sempre al passato e per chi nel futuro cerca se stesso

autore: Francesco Longo
titolo: Molto mossi gli altri mari
editore: Bollati Boringhieri
pagg. 176
€ 16

Chi ha scritto questo post?

Emiliano-romagnola, ragazzina negli anni ’80, si è trasferita a Milano nel 2008 e per molto tempo è stata un "angelo custode di eventi".
Da anni si occupa anche di libri: modera incontri letterari, ha ideato e realizzato la rassegna Segreta è la notte e conduce diversi gruppi di lettura.
Pratica mindfulness dal 2012, sogna sempre le montagne e ascolta musica jazz.
È meno cattiva di quello che sembra e vorrebbe morire ascoltando “La Bohéme” di Puccini.

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