Vengo io da te di Rebecca Kauffman

Sulla copertina di Vengo io da te di Rebecca Kauffman c'è disegnato un gattone grigio che si alza sulle zampe posteriori e cerca di prendere a zampate delle piume di uccello

Rebecca Kauffman, amatissima scrittrice americana, è tornata in libreria con Vengo io da te, romanzo breve tradotto con sensibilità da Alice Casarini e pubblicato da Edizioni Sur.
Il libro racconta, con il consueto aggraziato stile di Kauffman, un anno nella vita di una grande famiglia allargata, dove nell’imperfezione di ciascun membro è possibile specchiarsi e sentirsi accolti.

Vengo io da te

Siamo nel 1995, in un mondo ancora perlopiù analogico, dove le chiacchiere si fanno dal telefono di casa e le notizie si leggono sui giornali.
A ogni capitolo corrisponde un mese di quell’anno che cambierà per sempre la vita dei Bennett e dei Curran, due famiglie legate tra loro dal matrimonio tra Paul e Corinne, due trentenni che presto diventeranno genitori.

Paul è figlio di Susan, da poco lasciata dal marito, ennesimo maschio di mezza età che, dopo una vita senza grandi scossoni, si sveglia e si sente insoddisfatto di ciò che ha costruito, convinto di meritare di più.
Susan è una madre premurosa, forse fin troppo attenta alle esigenze del figlio e troppo poco alle proprie.

Corinne, invece, è figlia di Janet, una donna perfezionista e apparentemente incapace di essere vicina ai suoi figli, e di Bruce, che da qualche tempo ha problemi di memoria, abilmente nascosti dalla moglie per non dare problemi al resto della famiglia.

Chissà che tipo di esperienze di vita ti rimarranno ancorate dentro. Cioè, continueranno a tornare da te (oppure tu continuerai a tornare da loro; non so quale sia la versione più vera di come funzionano i pensieri) fino al giorno della tua morte.

La narrazione è corale e perfettamente armonica; Kauffman si pone come prima spettatrice mai giudicante delle storie che ci racconta, lasciandoci sbirciare nella vita di ciascuno dei suoi personaggi, impegnati ad attraversare la comune e abituale fatica che appartiene a tutti noi.
Non ci sono episodi eclatanti, nessuna forzatura del quotidiano, ed è questo a rendere il romanzo realistico seppure intriso di una grazia disarmante, tipica della narrazione dell’autrice.

È nell’attesa della nascita della figlia di Paul e Corinne che lentamente si alleggeriscono le zavorre che per molto tempo hanno tenuto ancorati al terreno tutti i familiari della coppia, incluso Rob, fratello della donna, venditore di successo, divorziato, padre amorevole e bugiardo cronico.

Più di tutto – l’intelligenza, il talento, la bellezza o la fortuna della vita – Paul sperava che sua figlia ottenesse facilmente la felicità. Infatti per certe persone la felicità sembrava arrivare come per magia, senza alcuno sforzo, come una creaturina che si appollaiava sulla loro spalla e dedicava la sua intera esistenza cantare all’orecchio di chi lo ospitava. Altri invece dovevano lavorare come artigiani per crearsela meticolosamente, pezzettino su pezzettino, e poi proteggerla da predatori di ogni forma e dimensione.

Ancora una volta la letteratura si protende verso chi nella famiglia d’origine ha visto nascere i propri timori, il proprio disagio, e il risultato è un libro che pullula di umanità imperfetta, con momenti profondamente toccanti che nascono dalla forza della normalità.

Con Kauffman non ci sono verità sconvolgenti o improvvisi colpi di scena; è nel racconto dei giorni e delle piccole cose che accadono, talvolta banali, che lentamente si sciolgono le emozioni delle lettrici e dei lettori, presi per mano e rassicurati sul fatto che anche l’ordinarietà può essere piena di indimenticabile vita.

Erano comparse delle nuvole e il cielo ora era basso e grigio. Un gatto randagio passò lì vicino e si fermò sfoderando i denti affilati. Janet si sfregò le mani per scaldarle e aveva la pelle così secca che sembrava carta vetrata. Pensò a quando era nata lei, alla madre che non la voleva, non la apprezzava e non la amava. Janet sapeva che i medici, gli scienziati e gli esperti sarebbero morti dal ridere se l’avesse mai detto ad alta voce, ma lei avrebbe potuto giurare su Dio che si ricordava il giorno – o meglio, i giorni, tanto era durato il travaglio – in cui era nata. Janet riusciva a ricordare il suo ingresso nel mondo perché provava ancora le stesse sensazioni. Le provava di continuo, a dire il vero. La gente diceva e faceva costantemente cose che le riportavano alla mente tutto quanto, ogni volta da capo.

Vengo io da te è un romanzo da leggere con lenta dedizione, per non perdere nemmeno una sfumatura di tutte le diverse emozioni che vi attraverseranno.

un libro per chi: ama i romanzi corali e i personaggi ben costruiti

autrice: Rebecca Kauffman
titolo: Vengo io da te
traduzione: Alice Casarini
editore: Edizioni Sur
pagg. 225
€ 18

Chi ha scritto questo post?

Emiliano-romagnola, ragazzina negli anni ’80, si è trasferita a Milano nel 2008 e per molto tempo è stata un "angelo custode di eventi".
Da anni si occupa anche di libri: modera incontri letterari, ha ideato e realizzato la rassegna Segreta è la notte e conduce diversi gruppi di lettura.
Pratica mindfulness dal 2012, sogna sempre le montagne e ascolta musica jazz.
È meno cattiva di quello che sembra e vorrebbe morire ascoltando “La Bohéme” di Puccini.

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