La Cecilia di Michela Panichi

Sulla copertina de La Cecilia di Michela Panichi c'è un'illustrazione che rappresenta una ragazzina dai capelli corti seduta su un promontorio, che getta in mare il reggiseno di un costume da bagno

La Cecilia di Michela Panichi è un romanzo d’esordio che grazie a una scrittura potente e a un tema importante, deflagra come una bomba che lascia profonde crepe in chi lo legge.
L’opera di formazione, pubblicata da Nottetempo, spicca per la sua capacità di intrecciare la scoperta del corpo adolescenziale con la ricerca dell’identità di genere.

La Cecilia

Ambientato durante un’estate a Ischia, il romanzo ci racconta la lotta di Cecilia contro sé stessa e il mondo degli adulti. A tredici anni, la ragazzina – che trascorre da sempre le vacanze sull’isola con la madre casalinga, il padre professore e il fratellino più piccolo Luca – vive con rabbia e dolore i dubbi profondi sul suo nome, il suo corpo e il suo posto nel mondo .

Pensai che, insieme a me, stesse cercando di spostare anche mio padre – verso la camera matrimoniale. Credevo che la sua ostilità avesse una natura biologica: lei era femmina, con tutte le curve adatte, e io ero un essere spigoloso su cui quelle forme non attecchivano. A volte mi dicevo che eravamo di due razze diverse e inconciliabili: della mia facevano parte mio padre, mio fratello e tutti quelli che esprimevano l’affetto con il corpo, e che a volte urlavano. In quella di mia madre c’era lei e basta.

Cecilia, che porta il nome di un anfibio ermafrodito, si sente diversa dall’amica Teresa, ormai sbocciata, con tanto di ciclo mestruale e forme sinuose. Il suo sentirsi inadeguata la allontana dal mondo che ha sempre conosciuto e la spinge a cercare nuovi amici in un’altra parte dell’isola dove, prendendo in prestito un costume e il nome del fratello, può trasformarsi in maschio e vivere accanto ad Alba, una quattordicenne già donna, apparentemente libera, eccessivamente provocante.

L’attrazione verso la ragazza e la bugia che giorno dopo giorno deve portare avanti, diventa un incubo per Cecilia/Luca, che deve reggere anche un altro enorme peso sulle sue giovani spalle adolescenti: la scoperta che suo padre tradisce sua madre, e che quest’ultima, pur di mantenere il suo status di moglie, è disposta a fingere di non sapere.

Mi irritava non riuscire a controllare il mio corpo. Ne avevo paura. Paura che il mio travestimento cedesse, che i miei  nascondigli non fossero abbastanza accurati, che la mia crescita mi tradisse. Almeno, in acqua, ogni mancanza era coperta.

L’angoscia di Cecilia è tangibile, passa dalla carta alla carne di lettrici e lettori, che si ritrovano adolescenti, invasi da quel tumultuoso e complicato periodo della vita che segna il passaggio verso l’età adulta. Michela Panichi descrive con precisione chirurgica cosa significhi rifiutare il cambiamento del corpo e lo fa con tale maestria da trasformare le parole in un’esperienza sensoriale che non può lasciare indifferenti.

Il percoso di Cecilia, la sua sofferenza, il sentirsi “né carne né pesce”, diviene qualcosa di reale, di palpabile, e pagina dopo pagina siamo lì, accanto a lei, a sentire sulla pelle il caldo soffocante del sole, il sudore sulla pelle, l’odore del sesso, il sapore delle lacrime, l’eccitazione di un bacio, l’orrore per il sangue, il disgusto per l’ipocrisia delle menzogne.

Salì a lavarmi chiedendomi se la crescita, nei maschi, implicasse la sgradevolezza del corpo che cambia. Coperta dai miei vestiti, che nulla avevano di distante da quelli di mio fratello, potevo dimenticarmi la forma del mio corpo, il costume è sempre bagnato che mi stringeva il torace. Che sotto ero diversa, però, la doccia me lo ricordava quotidianamente.

Insieme a questo tortuoso percorso interiore si fa spazio anche la presa di coscienza della fragilità dei legami familiari. Il tradimento del padre è una ferale notizia per Cecilia, che deve prendere atto di essere diversa anche dall’uomo che sentiva vicino, a cui si affidava. L’autrice maneggia con delicatezza questo tema, quasi come se si trattasse di un lutto, perché in fin dei conti lo è: la morte dell’amore da cui siamo nati non può che sconvolgere chi non ha ancora gli strumenti per comprendere quanto possano essere complesse le relazioni.

Ciò che più colpisce dello stle di Panichi è la grande maturità nell’uso delle parole, talvolta efferate come morsi, talvolta delicate come carezze; pare che sia il corpo di Cecilia, con il caos messo in atto dai suoi ormoni, a raccontare questa storia, che solo nelle ultimissime righe riesce a darci un po’ di respiro, la tregua di cui tutti abbiamo bisogno dopo 250 pagine ad alta intensità emotiva.

La Cecilia è un esordio molto più che convincente che segna la nascita di una nuova penna che speriamo di ritrovare al più presto.

un libro per chi: vuole cercare di comprendere cosa significhi vivere in un corpo che non corrisponde a ciò che si è

autrice: Michela Panichi
titolo: La Cecilia
editore: Nottetempo
pagg. 250
€ 15.90

Chi ha scritto questo post?

Emiliano-romagnola, ragazzina negli anni ’80, si è trasferita a Milano nel 2008 e per molto tempo è stata un "angelo custode di eventi".
Da anni si occupa anche di libri: modera incontri letterari, ha ideato e realizzato la rassegna Segreta è la notte e conduce diversi gruppi di lettura.
Pratica mindfulness dal 2012, sogna sempre le montagne e ascolta musica jazz.
È meno cattiva di quello che sembra e vorrebbe morire ascoltando “La Bohéme” di Puccini.

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