Se il cane non abbaia di Louise Hegarty

Sulla copertina di Se il cane non abbaia di Louise Hegarty c'è il disegno di una camera con una porta aperta, una poltrona su cui è appoggiato un libro trafitto da un coltello, un grande quadro alla parete che rappresenta Sherlock Holmes, e i piedi di un cadavere sul pavimento, accanto alla chiave della porta

Se il cane non abbaia di Luis Hegarty è decisamente originale e sorprendente, con una storia che si muove sul confine tra i misteri di un giallo classico e la narrazione dolorosa di un romanzo psicologico sull’elaborazione del lutto.

Se il cane non abbaia di Louise Hegarty

È la vigilia di Capodanno e Abigail sta aspettando suo fratello Benjamin e i loro amici più cari in una grande villa nella campagna irlandese, dove, come da tradizione, passeranno la serata a scoprire il colpevole in una cena con delitto organizzata dalla giovane donna.
La cena, che si ripete da anni con formule diverse, non si limita a essere solo l’occasione per festeggiare la fine dell’anno ma anche il compleanno di Benjamin.

Tra gli invitati ci sono le persone più importanti per il festeggiato: Margaret, l’ex fidanzata; Stephen, l’amico d’infanzia e il più caro; Declan, l’amico da sempre, con un debole per il gioco d’azzardo e la capacità di mettere sempre tutti in imbarazzo; Cormac, l’unico degli amici a essere accompagnato dalla fidanzata, Olivia.
Benjamin ha invitato anche Barbara, una collega che sarebbe rimasta sola se non avesse accettato di unirsi all’allegra compagnia.

La serata scorre come previsto, tutti indossano i panni dei personaggi indicati da Abigail per interpretare la cena con delitto e allo scoccare della mezzanotte partono i festeggiamenti per il nuovo anno e per Benjamin, che si mostra più timido del solito, con il viso stanco e in verità già pronto per andare a dormire.

Qualcuno poi decide di fare le ore piccole, altri vanno a riposare. Fratello e sorella, orfani dei genitori, rivangano dolci ricordi del passato; Declan, ubriaco fradicio, si addormenta in soggiorno; Abigail e Stephen si scambiano un inaspettato bacio.

L’indomani accade qualcosa di tragico che spezza l’energia dei nuovi inizi: Benjamin viene ritrovato morto nella sua stanza.
Si è suicidato, come sostengono la polizia e il medico che analizza il corpo, o è stato assassinato?

È qui che il libro si trasforma e diventa un giallo classico perfettamente in regola con quanto scritto da autori del calibro di Christie e Conan Doyle, con tanto di detective, il famoso Auguste Bell, indizi e moventi.
Ma la trasformazione del romanzo non si limita al solo genere.
I personaggi sono gli stessi eppure le loro vite sono diverse, sdoppiando i piani narrativi su due realtà che nulla hanno a che fare l’una con l’altra; poi c’è la rottura della quarta parete, il muro immaginario che a teatro separa gli attori dal pubblico, e così ci ritroviamo il detective Bell che si rivolge più e più volte direttamente alle lettrici e ai lettori.

«Prima di iniziare, e al solo scopo di darvi delle conferme, vorrei chiedere al lettore di tornare indietro di qualche pagina e leggere la cima a fondo le Regole del Fair Play che probabilmente prima ha saltato. Attenderò qui il vostro ritorno. […]»

Non avrebbe senso andare oltre nel raccontare la trama di questo romanzo così particolare, non solo per non svelare il colpevole ma anche perché, francamente, risulta davvero difficile spiegare gli stratagemmi narrativi che Hegarty utilizza per raccontare ciò che, alla fin fine, risulta essere al centro di tutto: il dolore della perdita, il lutto e tutto ciò che ne consegue, dal senso di straniamento iniziale fino al tentare di riprendersi la vita, giorno dopo giorno.

… Poi si alza a parlare Abigail. E in quel momento, guardando il foglio che ha in mano, odia quello che ha scritto. Troppo sentimentale, troppo impersonale, non ha nulla a che fare né con lei né con Benjamin. Sembra solo un cliché. Una bugia. Scopre di non saper descrivere suo fratello appena morto. È come se tutti i bei ricordi le fossero sfuggiti dalla testa.

È proprio questa capacità di tratteggiare con grande precisione le emozioni che avvolgono i giorni successivi alla morte di qualcuno che abbiamo amato moltissimo che convince più ancora della macchiettistica risoluzione del mistero sulla morte di Benjamin, che ricorda il finale (o meglio, i finali) di un adorabile film per appassionati del cenere, Signori, il delitto è servito.

Lo straziante dolore di Abigail è quanto di più realistico si possa leggere sul tema del lutto e del suicidio, soprattutto rispetto alle domande che si pongono tutti coloro che si trovano di fronte a un fattp simile: quanto conoscevamo davvero i sentimenti più profondi di chi abbiamo perduto? E perché non abbiamo capito cosa stava per accadere?

«Non c’è bisogno di leggermi nel pensiero. Non hai un minimo di buon senso? Mio fratello è morto. Sono passati meno di due mesi e dato che sono tutto sommato presentabile e riesco a camminare dritta tu pensi che io stia bene. Come potrei stare bene? Come farò a stare bene mai più?» Ma Frances adesso è sulla difensiva. «Come faccio io a sapere quello che provi tu? Non mi dici mai niente.» Abigail potrebbe dirlo un milione di cose, invece si limita ad alzare una mano e a darle una sberla.

Se il cane non abbaia è quindi un ibrido ben riuscito, che sfrutta l’accattivanza del giallo classico per trattare temi molto più profondi e dolorosi.
Sono solo le ultimissime pagine a dare un senso al tutto e questo, quando si parla di misteri, non può che essere ciò che ci fa pensare di aver letto un gran bel libro.

un libro per chi: cerca una lettura veramente originale

autrice: Louise Hegarty
titolo: Se il cane non abbaia
traduzione: Stefania Bertola
editore: Mondadori
pagg. 267
€ 19

Chi ha scritto questo post?

Emiliano-romagnola, ragazzina negli anni ’80, si è trasferita a Milano nel 2008 e per molto tempo è stata un "angelo custode di eventi".
Da anni si occupa anche di libri: modera incontri letterari, ha ideato e realizzato la rassegna Segreta è la notte e conduce diversi gruppi di lettura.
Pratica mindfulness dal 2012, sogna sempre le montagne e ascolta musica jazz.
È meno cattiva di quello che sembra e vorrebbe morire ascoltando “La Bohéme” di Puccini.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *