Settembre 1972 di Imre Oravecz

Settembre 1972 di Imre Oravecz

Settembre 1972 non è un romanzo e non è nemmeno una raccolta di poesie. È una storia d’amore raccontata come solo la grande letteratura può fare, senza farsi imbrigliare in un unico genere e lasciando che siano le parole – affilate, perfette – a definire l’immensità della loro portata.
Imre Oravecz, tra i più grandi autori contemporanei ungheresi, scrive la storia di ciascuno di noi quando siamo alle prese con l’innamoramento, l’amore e la fine di una relazione.
Un libro – breve, vivo e curato in ogni dettaglio estetico – che contiene tutto ciò che è il sentire umano, e che la casa editrice Anfora riporta in libreria dopo la prima pubblicazione italiana del 2004.

Settembre 1972

È uno scrigno prezioso, che contiene tutto il dolore della fine.
La fine di un amore, è vero, ma anche la fine di un pezzo di vita ormai andata, che inesorabilmente non tornerà.

Nel settembre 1972 il matrimonio di Imre Oravecz arriva al capolinea. Come fare per esorcizzare il dolore che lo ha raggelato e lasciato stremato, esangue come una spenta stella cadente in un pozzo oscuro?
Con carta e matita, su cui imprimere poche righe per volta, necessarie a metabolizzare la sofferenza di quell’amore arreso e spezzato.
Pensieri sparsi ma mai lacunosi, che qualche anno dopo – quando l’ottundimento del dolore inizia a lasciare spazio al quietismo dell’accettazione – riprendono ordine e raccontano la storia di una giovane lei avvicinata da un lui in cerca di una preda che ne sfami gli appetiti sessuali.
Sarà subito amore, passionale e carnale, nutrito da un intelletto affine e da obbiettivi comuni.

Mi ricordo bene il tuo primo arrivo, eri in gonna corta, camicetta trasparente, sandali leggeri, il tuo bagaglio era leggero come una piuma, e in qualche modo eri leggera come una piuma anche tu, serena come la primavera in cui venisti, vigile, ben disposta verso tutto, e giovane, ancora quasi un corpo di bambina, vellutato e fresco, mi raccontasti in maniera particolareggiata com’erano stati il controllo del passaporto e la visita doganale, che paesaggi avevi visto dal finestrino del treno, come erano state le persone nei tuoi confronti durante il tragitto, e in genere che sensazione era trovarsi la prima volta nel blocco orientale, e ti stupivi di cose che per me erano naturali, e trovavi naturali cose di cui io mi stupivo…

Gli incontri, il sesso, l’affinità, il matrimonio, la nascita di un figlio, il tradimento e la fine, questa è la storia di Imre e di tanti di noi, che abbiamo amato e abbiamo perduto, che abbiamo toccato il cielo con un dito e siamo poi sprofondati nell’inferno della mancanza.
E come Imre anche noi abbiamo cercato di sopravvivere, attaccandoci dapprima ai ricordi – da cercare negli spazi, negli odori, nei suoni che ancora ci riportano alla smarrita felicità – e poi gettandoci tra le braccia di chi è arrivato dopo, a prendere le briciole avanzate e avvizzite.

… tutte hanno dato e hanno preso, hanno detto il vero e hanno mentito, mi hanno eccitato e mi hanno raffreddato, mi hanno soddisfatto e hanno lasciato un senso di vuoto, hanno risvegliato il desiderio e hanno provocato disgusto, hanno recato gioia e mi hanno straziato, mi hanno divinizzato e mi hanno maledetto, mi hanno accolto e mi hanno respinto, mi hanno liberato e mi hanno schiavizzato, mi hanno innalzato e mi hanno calpestato nel fango, mi hanno reso migliore e peggiorato, mi hanno infuso speranza e mi hanno fatto disperare, hanno giurato fedeltà e sono state infedeli, si sono messe al mio fianco e mi hanno abbandonato, e io ho fatto a loro lo stesso che loro hanno fatto a me, e ti ho tradito con ognuna di loro, perché ti amavo ancora, mentre cercavo di convincermi che ormai non ti amo più.

Sarebbe riduttivo parlare di Settembre 1972 come di un diario o di un memoir, come di un romanzo d’amore o di un flusso poetico di pensieri.
Sarebbe limitante e inesatto, perché i 99 quadri raccontati da Oravecz sono tutto questo e molto di più: sono frammenti di vita di chiunque abbia amato disperatamente.
Un poema in prosa che nel 1988 segnò l’esordio narrativo dello scrittore ungherese e che oggi continua a essere uno dei libri più letti e venduti in patria, perché nulla è più universale della perdita dell’amore.
Un dolore così comune da rendere uguali tutti gli esseri umani.

Settembre 1972 di Imre Oravecz

un libro per chi: ha amato e ama

autore: Imre Oravecz
titolo: Settembre 1972
traduzione: Vera Gheno
editore: Anfora
pagg. 126
€ 15,50

Chi ha scritto questo post?

Emiliano-romagnola, ragazzina negli anni ’80, si è trasferita a Milano nel 2008 e per molto tempo è stata un "angelo custode di eventi".
Da anni si occupa anche di libri: modera incontri letterari, ha ideato e realizzato la rassegna Segreta è la notte e conduce diversi gruppi di lettura.
Pratica mindfulness dal 2012, sogna sempre le montagne e ascolta musica jazz.
È meno cattiva di quello che sembra e vorrebbe morire ascoltando “La Bohéme” di Puccini.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *