Come se non fossimo stati di Giulia Ciarapica e Michela Di Cecio

Sulla copertina di Come se non fossimo stati di Giulia Ciarapica e Michela Di Cecio c'èun'illustrazione che ritrae la protagonista dai lunghi capelli biondi, qui ingigantita fino a sovrastare un piccolo uomo

Talvolta non servono centinaia di parole per raccontare storie che lasciano il segno.
Succede, ad esempio, che un graphic novel di meno di cento pagine riesca a destare riflessioni profonde su temi significativi; è il caso di Come se non fossimo stati, scritto da Giulia Ciarapica e disegnato da Michela Di Cecio.

Come se non fossimo stati

La storia, sceneggiata da Luca Scornaienchi, prende spunto da una leggenda dello scorso secolo che passa di bocca in bocca a Casette d’Ete, nelle Marche, dove Ciarapica vive e da cui si muove per portare avanti il proprio lavoro di scrittrice e critica letteraria.

La terra marchigiana, quella dei piccoli borghi e dei miti misteriosi e magici – basti pensare alla Sibilla Appenninica, profetessa che dalla sua grotta oscura si muoveva tra umano e divino -, fa da sfondo alla storia di Leila, la “diversa”, quella che in paese tutti guardano con curiosità e timore, vittima dell’ignoranza e delle maldicenze.

Il dolore non te lo scordi, sia quello che ricevi sia quello che dai.

Si dice che la giovane donna abbia ucciso il proprio figlio, nato da una relazione clandestina, ma nessuno in paese ha le prove di questo misfatto e la ragazza, che ogni tanto si estrania dal mondo per rifugiarsi altrove, in un luogo che appartiene solo alla sua mente, porta sulle spalle il peso di questo malevole pettegolezzo.

Eppure il giovane e bell’Antonio, che la incontra in paese e ne rimane folgorato, ha sentito dire a Leila che lei di figli non ne vuole, perché non è pronta a farsi strappare la vita da qualcuno per cui potrebbe non sentire il trasporto affettivo che pare invece essere dovuto, perché non viuole dover dare più di ciò che riceverebbe.

Pensate che fare figli sia la cosa più naturale del mondo, vero? E invece no, non lo è. È vivere la cosa più normale, campare per se stessi, non per qualcuno che non sai che fine farà!

In un’epoca in cui alle donne era solo consentito essere mogli e madri, il pensiero di Leila è così diverso da renderla, agli occhi di tutti, un mostro.
Non una ragazza indipendente, coerente con se stessa e con i propri desideri, ma una belva incapace di amare, di accudire, di immolarsi sull’altare della maternità.
Non una donna, quindi, poiché se non sei madre non stai veramente esprimendo il tuo essere più profondo, perché sarai per sempre incompleta, perché non potrai mai davvero capire il significato dell’amore vero e incondizionato.

Una madre è una madre, e per i figli darebbe la vita, a costo di sacrificare qualunque altra cosa!

Se queste parole risuonano ancora oggi, dopo cento anni dalla leggenda di Leila raccontata in Come se non fossimo stati, è perché la società stessa, per quanto evoluta, ha ancora da ridire su ciò che le donne possono essere, su ciò che decidono di fare e non fare del proprio corpo.

Le ultime pagine sono dedicate a un sapiente approfondimento dell’autrice verso la simbologia che permea, pagina dopo pagina, l’intera storia.
Il libro, seppure breve, riesce a scavare a fondo, seminando i dubbi che muovono sempre chi è decisamente avanti al resto del mondo e s’interroga sul vero significato della parola libertà.

un libro per chi: di figli non ne ha fatti e non ha voluti, senza sentirsi mai incompleta

autrici: Giulia Ciarapica (testo) e Michela Di Cecio (disegni)
titolo: Come se non fossimo stati
editore: Round Robin
pagg. 88
€ 19

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Chi ha scritto questo post?

Emiliano-romagnola, ragazzina negli anni ’80, si è trasferita a Milano nel 2008 e per molto tempo è stata un "angelo custode di eventi".
Da anni si occupa anche di libri: modera incontri letterari, ha ideato e realizzato la rassegna Segreta è la notte e conduce diversi gruppi di lettura.
Pratica mindfulness dal 2012, sogna sempre le montagne e ascolta musica jazz.
È meno cattiva di quello che sembra e vorrebbe morire ascoltando “La Bohéme” di Puccini.

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