La ladra di parole di Abi Daré

La ladra di parole di Abi Daré

Ciò che è accaduto recentemente in Afghanistan ha risvegliato molte coscienze e (ri)portato alla ribalta quanto divario possa esserci in fatto di libertà e privilegi tra diverse nazioni e continenti.
Il romanzo di Abi Daré, La ladra di parole, pubblicato da Editrice Nord arriva puntuale a tenere viva questa ritrovata consapevolezza, portando lettrici e lettori in Nigeria a conoscere la storia della giovanissima Adunni, ragazza coraggiosa costretta a vivere in un mondo difficile e svilente, come tantissime donne africane e non solo.

La ladra di parole

Adunni è un’adolescente come tante altre.
Se fosse nata in Italia potrebbe concedersi tante cose: potrebbe uscire con le amiche e gli amici, pensare a che rossetto abbinare al colore della maglietta, scendere in piazza per rivendicare il diritto al lavoro o a qualsiasi altro privilegio, decidere se andare al concerto di tizio o di caio, passeggiare avanti e indietro lungo una via solo per vedere più e più volte l’oggetto del suo desiderio.
Ma Adunni è nata in Nigeria e vive a Ikati, un piccolo villaggio dove l’elettricità e l’acqua non si possono dare per scontate, dove mettere in tavola un pasto è un terno al lotto, dove andare a scuola è concesso a pochi, quasi sempre solo maschi.

Adunni ha perso la sua mamma pochi mesi fa e da quel momento si è presa cura della casa, di suo padre, dei suoi fratelli, trascurando tutto il resto e rinunciando alla scuola e ai libri.
La madre in punto di morte aveva fatto promettere al padre che la ragazza avrebbe dovuto continuare a studiare, per prepararsi a un futuro migliore, a una vita più indipendente, mantenendo viva la speranza di cambiare il suo piccolo mondo.
Purtroppo, però, il futuro di Adunni sarà ben diverso: il padre l’ha promessa in sposa a un anziano taxista che ha già due mogli, in cambio della copertura dei debiti accumulati, di qualche porzione di cibo, di una nuova radio, di altri oggetti che di certo non valgono una vita.

«Il mio owo-ori? Il prezzo da sposarmi?». Nel mio cuore mi viene una crepa, e va avanti a spezzarsi perché non ho neanche quindici anni e non mi sposo un vecchio scemo, perché voglio tornare a scuola e imparare il lavoro di maestra e diventare grande e adulta e guadagnare i soldi per una macchina e una bella casa col divano coi cuscini belli e aiutare a mio papà e ai miei due fratelli. Non mi voglio sposare nessun uomo o un ragazzo, nessuno-nessuno. Per questo glielo chiedo un’altra volta, al mio papà, e parlo piano-piano, così lui capisce bene quello che gli dico e non si confonde a darmi la risposta: «Papà, questo prezzo è per sposarmi io o perché si deve sposare un’altra persona?»

La quattordicenne Adunni, quindi, è costretta a lasciare la famiglia e in particolare il fratellino Kayus, a cui è legatissima, per andare a vivere con Morufu, il vecchio che per struprarla ogni notte e metterla incinta di un erede maschio beve un amaro esplosivo.
A farle sopportare l’orrore di quelle notti e le aggressioni di Labake, prima moglie di Morufu, c’è Khadija, la seconda moglie, ventenne incinta forse di un figlio maschio e già madre di altre due bimbe, esseri del tutto inutili per il gretto e viscido marito padrone.
Una catena, quella di queste donne, che continua a girare sugli stessi deviati ingranaggi, senza possibilità d’essere spezzata.

Adunni però non ci sta e, complice una terribile disgrazia, fugge in cerca del futuro migliore di cui aveva sentito parlare dalla sua amata mamma.
Arrivata a Lagos, sarà accolta in una lussuosa villa dove rabbia e dolore altrui continueranno a darle il tormento, continuando a scalfire i suoi sogni.
Un’enorme casa dove il lavoro è umiliante e sfinente, dove la violenza trabocca in eccessi disumani, dove però avverrà anche l’incontro con persone finalmente umane e con i libri la indirizzeranno a perseguire il cammino verso l’istruzione e il sapere.

Sento qualcosa che si muove dentro al mio petto. Perché è così buona con me, questa donna? Cosa ci vede in me, che certe volte non vedo niente neanch’io?

Mando indietro le lacrime cocciute e stupide che mi pizzicano gli occhi, ma escono fuori lo stesso.

Riuscirà Adunni a diventare la persona che desidera essere? Riuscirà a prendersi lo spazio che meritano tutte le donne del mondo?

Abi Daré racconta una storia a tratti così dura e dolorosa da risultare rivoltante, e lo fa con un espediente narrativo che riesce a far immedesimare chi la legge con la sua coraggiosa e fortissima protagonista.
Una nota iniziale, infatti, ci avverte che la traduzione di Elisa Banfi rispetta il broken English parlato in Nigeria, mantenendo quindi le difficoltà linguistiche della voce narrante, ed è proprio questo linguaggio sgrammaticato, spesso divertente e a volte irritante, a farci vivere intensamente i dolori di Adunni, le sue speranze, le ferite del corpo e dell’anima, la gioia della conoscenza.

La ladra di parole è un romanzo denso, a tratti forse un po’ ridondante, che merita d’essere letto per la capacità di dare voce alle donne che lottano per non scomparire e, soprattutto, per conoscere l’indimenticabile protagonista che qui le rappresenta tutte.

La ladra di parole di Abi Daré

un libro per chi: ogni tanto dimentica i privilegi che ha

autrice: Abi Daré
titolo: La ladra di parole
traduzione: Elisa Banfi
editore: Editrice Nord
pagg. 368
€ 18

Chi ha scritto questo post?

Emiliano-romagnola, ragazzina negli anni ’80, si è trasferita a Milano nel 2008 e per molto tempo è stata un "angelo custode di eventi".
Da anni si occupa anche di libri: modera incontri letterari, ha ideato e realizzato la rassegna Segreta è la notte e conduce diversi gruppi di lettura.
Pratica mindfulness dal 2012, sogna sempre le montagne e ascolta musica jazz.
È meno cattiva di quello che sembra e vorrebbe morire ascoltando “La Bohéme” di Puccini.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *