Il lavoro della traduttrice | Intervista a Silvia Turato

Silvia Turato

Per chi ama leggere autori stranieri, il delicato lavoro del traduttore è fondamentale.
Un bravo traduttore è capace di dare voce all’autore senza far sentire la propria nella riscrittura del testo, ma lasciando comunque qualcosa di sé: una firma invisibile ma riconoscibile quanto una traccia di DNA.
Insomma, una magia.

Proseguendo la mia esplorazione dei mestieri legati al libro, m’è parso ovvio e naturale scegliere di intervistare Silvia Turato, che nel mondo dell’editoria ha ricoperto molti ruoli, fino a scegliere d’essere principalmente traduttrice dal francese e dall’inglese.
Se già la seguite su Instagram o sul suo blog – fonte di ottimi spunti per chi voglia approcciarsi alla professione – conoscete la sua innegabile simpatia; se invece ancora non avete avuto questo piacere, da oggi non potrete più farne a meno.
Silvia è una di quelle super pro che condividono tanto e lasciano sempre il segno.

Cinque domande a Silvia Turato

Cara Silvia, benvenuta sul blog! Parto subito con la domanda di rito per conoscerci meglio: se tu fossi un libro, quale saresti?
Cristo.
Mi sembra una domanda difficilissima.
Cerco di non pensarci troppo e sparo. Dico “La metafisica dei tubi” di Amélie Nothomb. Perché contiene in sé tante cose che, se non mi definiscono, quantomeno mi compongono. C’è dentro la filosofia, che è stato il mio primo amore e che mi ha fatto vedere la parola e il linguaggio in modo totalmente nuovo. C’è dentro non solo il francese, ma il Belgio, che è dove il francese io l’ho imparato e che ha segnato la prima tappa di un percorso di avventura e scoperta che spero non finisca mai. C’è dentro il fatto che sia un libro di successo, perché rispecchia la mia avversione per un’idea della cultura e della letteratura come elitaria. E c’è dentro l’umorismo, perché sono convinta che spesso una bella risata sia l’unico e il più sano modo per affrontare la vita.

Silvia Turato

Quando e come hai capito che i libri sarebbero stati anche una professione? So che hai ricoperto diversi ruoli nel mondo editoriale, per poi arrivare alla traduzione. È stata una precisa volontà o è accaduto per caso?
L’ho capito dopo aver fatto uno stage in casa editrice. Avevo intuito che lavorare con i libri potesse piacermi, ma non sapevo se ad attirarmi fosse “l’idea” di lavorare con i libri o il lavoro vero e proprio. E poi, che lavoro? Non sapevo nemmeno bene quali fossero i “mestieri del libro”. Dopo sei mesi nella redazione della (ahimè) defunta Meridiano zero mi sono resa conto che quella poteva essere la mia strada. Ed è vero, ho ricoperto mille ruoli (redattrice, editor, lettrice, addetta stampa, traduttrice,… e ora anche libraia!), non posso dire che sia stata una scelta, ma non credo nemmeno che sia capitato per caso. Anche se all’inizio pensavo fosse un mio difetto, ora sono contenta e fiera di conoscere tutta la filiera del libro ed essermene occupata in questo modo. Credo rispecchi una mia necessità e curiosità, e forse anche un mio modo di essere.
Tuttora, se svolgo solo UN lavoro, mi sembra di essere disoccupata.

Si dice che tu abbia un grande dono, un particolare fiuto per “scoprire” ottimi libri e la capacità di farli arrivare in Italia grazie alle case editrici indipendenti. Che effetto ti fa poi sapere che quei libri sono stati amati da molti lettori? Hai mai sognato di aprire una casa editrice tutta tua?
Ah ah ah, “si dice”? Onestamente non so se questo dono ce l’ho, ma ci sono dei libri per cui entro in fissa e non mollo mai. Ce n’è uno, anzi, ci sono diversi titoli di una stessa autrice che sto cercando di portare in Italia da almeno sei sette anni. Non ci sono ancora riuscita ma non desisto e vedrai che prima o poi te ne mando una copia. Promesso. Quando poi riesco a far pubblicare un libro che amo e altri come me lo amano a loro volta, bè, quando questo succede è davvero bellissimo. Vivo quei libri come delle mie creature, con la gioia di una mamma che vende i figli farsi grandi e avere una loro vita indipendente dalla sua, ma a lei collegata.
Una casa editrice tutta mia in compenso, al solo pensiero, mi fa venire il fiato corto e un tic all’occhio sinistro dall’ansia. Ma è vero che qualche anno fa dicevo che non avrei mai e poi mai voluto lavorare se non come dipendente, ed eccomi qui. Quindi mai dire mai.

Silvia Turato

Hai tradotto molti libri davvero belli – penso ai romanzi di Sorj Chalandon ma anche a Guardaroba di Jane Sautière – ma sono curiosa di sapere se ce n’è uno, anche del passato più remoto che prossimo, che avresti tanto voluto tradurre tu e invece è toccato a qualcun altro…
Anni fa, durante un viaggio a Parigi, mi sono imbattuta in un libro bellissimo e molto particolare, pubblicato nel 1984 in Francia e mai tradotto in Italia. Un vero peccato, perché il libro era stupendo. Ero subito volata in casa editrice e avevo proposto all’editore per il quale lavoravo di tradurlo. Per un motivo o per l’altro, quell’editore si è deciso a fare la sua proposta alla casa editrice francese solo dopo 4 anni che io chiedevo indefessamente di pubblicarlo. Ma, proprio in quel momento, il libro era stato acquistato da Adelphi. Ed è poi uscito in quelle edizioni.
Il titolo era “Vite minuscole” di Pierre Michon.

C’è qualche consiglio che senti di poter dare a chi vorrebbe lavorare con i libri, magari diventando proprio un traduttore?
L’unico consiglio che mi sento di dare è volerlo tantissimo. Perché se non lo si vuole tantissimo non si sarà mai pronti ad accettare i no, le sconfitte, i compromessi, il fatto che spesso ci si dovrà trovare un altro lavoro per arrivare a fine mese, gli orari e tutto quel che di difficile si deve affrontare per lavorare con i libri. Sono convinta che in questo mondo non siano sempre o soltanto i più bravi a farcela, ma i più motivati. Perché spesso le difficoltà che ci si parano davanti somigliano davvero a montagne insormontabili. Ma come per la montagna, una volta arrivati in cima, quando l’ossigeno al cervello sembra davvero poco, i piedi dolgono e le gambe cedono, proprio in quel momento lì, quando alziamo la testa con le ultime forze rimaste, ci rendiamo conto di essere nel posto più bello al mondo.
Per me è così, faccio il lavoro più bello al mondo. E respiro questa gioia a pieni polmoni.

Grazie a Silvia Turato per essersi raccontata con così tanta generosità!
Da adesso in poi, lettrici e lettori geniali, abbiate sempre cura di sapere chi ha tradotto il libro che state leggendo.

Chi ha scritto questo post?

Emiliano-romagnola, ragazzina negli anni ’80, si è trasferita a Milano nel 2008 e per molto tempo è stata un "angelo custode di eventi".
Da anni si occupa anche di libri: modera incontri letterari, ha ideato e realizzato la rassegna Segreta è la notte e conduce diversi gruppi di lettura.
Pratica mindfulness dal 2012, sogna sempre le montagne e ascolta musica jazz.
È meno cattiva di quello che sembra e vorrebbe morire ascoltando “La Bohéme” di Puccini.

(4) Commenti

  1. Angelica dice:

    Una intervista così solida ed emozionante che alla fine mi tremavano le gambe e sorridevo come se ci fossi stata anche io in cima a quella montagna. Brava!!

    1. Brava Silvia e chi come lei realizza i propri desideri professionali grazie a una grande determinazione!

  2. Loredana dice:

    Una personalità magnifica. Un pragmatismo rassicurante (i sogni son spesso desideri fumosi. I suoi mi son sembrati corredati di antidoto contro la trasformazione in incubi, che è l’unico modo per non restarne schiacciati).
    Un’intervista stimolante.

    1. Grazie Loredana, Silvia, oltre a essere una grande professionista, è anche una persona speciale!

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