Alzarsi presto di Sandro Campani

Sulla copertina di Alzarsi presto di Sandro Campani c'è un cane da caccia su un sentiero, che osserva un gruppo di cerbiatti fuggire nella nebbia

Sandro Campani con Il giro del miele e I passi nel bosco ha dato all’aggettivo lento un’accezione più che positiva, una sfumatura che diventa desiderio, raccontando la vita di chi abita i piccoli borghi tra le alture dell’Appennino, scandita da un tempo ben diverso da quello di chi sta in città.
Con Alzarsi presto, breve e denso memoir ancora una volta pubblicato da Einaudi, questa sua capacità di narrare le piccole cose che si apprendono inoltrandosi nei boschi raggiunge un livello ancora più alto, quello di chi sa rendere davvero vive le parole, trasformandole in odori, suoni, colori, sentimenti che travolgono chi legge.

Alzarsi presto

È una scrittura confidenziale quella con cui Campani ci porta a conoscere il fratello e il padre, che non si sono mai mossi dai luoghi in cui lui è cresciuto.

Pietro, il fratello, di mestiere fa il tartufaio e si sveglia all’alba per andar per boschi con le sue cagne, a raccogliere i pregiati tuberi e gerle di porcini.
Un lavoro che appare antico, tanto affascinante quanto faticoso, a cui oggi un piccolo aiuto arriva dalla tecnologia, che è nulla però senza l’esperienza umana.

Sandro segue il fratello nel bosco e mentre cammina su tappeti di foglie e sotto la protezione degli alberi, ripercorre i ricordi della vita che aveva prima di scendere a valle e scegliere la città.

Il bosco non sta lì per salvarci; non sta lì per controbilanciare la nostra perdizione e il nostro esserci votati al demonio della vita accelerata, per ricordarci le cose che contano, il contatto con la natura, e via dicendo; queste cose possiamo anche dirle, ma il bosco sta lì a prescindere da noi: ci precede e ci sopravviverà.

Con queste passeggiate Campani ci introduce alle regole dei cercatori di tartufi e funghi, codici non scritti che sono fondamentali per la sopravvivenza del bosco ma anche per dare il giusto spazio a chi vive di questo mestiere.
Dai cassetti della memoria l’autore pesca aneddoti talvolta divertenti ma sempre permeati di quel velo nostalgico che ammanta tutto quando si diventa adulti.

Era bello, quando uno apriva la macchina, guardare i funghi e immaginare dove li aveva trovati: se ne vedevi di felce o di castagno ti facevi un’idea del suo giro, se ne vedevi di mirtillo o di pineta un’altra idea. Se in mezzo ai funghi di faggio ce n’era qualcuno di quercia, bello nero, un’altra idea ancora. Capire se i funghi erano in alto o erano in basso, erano alla fredda o erano al sole; se la buttata era all’inizio o era alla fine (soprattutto vecchi, o in maggioranza freschi?).

Dai racconti dell’autore traspare quel sacrosanto dubbio che coglie tutti, prima o poi, di stare sbagliando vita, di non vedere e apprezzare davvero le piccole cose che la rendono tale, di lasciarsi trarre in inganno dal finto benessere, che in verità scava e logora l’anima.
Poi quel senso di colpa tipico di chi ha scelto di vivere altrove, distante dalle proprie radici e dagli affetti che nel frattempo invecchiano senza di noi.

… perché io mi sento in colpa verso i posti in cui sono cresciuto, per il fatto che ho scelto, o mi è capitato, di non abitarci più, e per questo provo un vagone insostenibile. «Ma vedi anche,» – dice Pietro, – «che si può abitarci ancora e vivere in modo non molto diverso da come vivresti in città. Si patisce senz’altro meno caldo, però in fin dei conti, se quello che ti manca è andare al cinema, ai concerti, buttarti nelle conoscenze inaspettate, allora la città ti offre qualcosa; se invece non esci più di tanto, giusto per andare a fare la spesa, e resti in casa a guardare le serie su Netflix ,che cosa cambia dove stai?».

Infine, Campani non risparmia riflessioni acute e critiche pungenti sulla convinzione diffusa – tipica della politica e di quelli che credono sempre d’essere un passo avanti agli altri – che tra i boschi dell’Appennino, e non solo, debbano passare strade e infrastrutture necessarie a facilitare gli spostamenti di massa, mettendo da parte la conservazione della natura e del paesaggio.
Grandi progetti puntualmente naufragati ma sempre utili in periodo elettorale.

Alzarsi presto parla a chi conosce i lenti rituali dell’alba ma anche a chi ha un ritmo circadiano diverso e sente comunque un pizzicore al cuore quando percepisce il tempo sfuggirgli di mano.

Sulla copertina di Alzarsi presto di Sandro Campani c'è un cane da caccia su un sentiero, che osserva un gruppo di cerbiatti fuggire nella nebbia

un libro per chi: sta in città ma non smette mai di sognare i boschi e le montagne

autore: Sandro Campani
titolo: Alzarsi presto
editore: Einaudi
pagg. 173
€ 16

L'ho comprato io!

Chi ha scritto questo post?

Emiliano-romagnola, ragazzina negli anni ’80, si è trasferita a Milano nel 2008 e per molto tempo è stata un "angelo custode di eventi".
Da anni si occupa anche di libri: modera incontri letterari, ha ideato e realizzato la rassegna Segreta è la notte e conduce diversi gruppi di lettura.
Pratica mindfulness dal 2012, sogna sempre le montagne e ascolta musica jazz.
È meno cattiva di quello che sembra e vorrebbe morire ascoltando “La Bohéme” di Puccini.

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